Cappelletti all’Uso di Romagna

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Per i cappelletti seguiamo la tradizione più antica, prepariamo i “Cappelletti all’uso di Romagna“, secondo la ricetta originale codificata da Pellegrino Artusi nel suo libro “La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene” pubblicato per la prima volta nel 1981.

Il testo è una raccolta di ricette di origine popolare collezionate nel corso della vita dal famoso gastronomo di Forlimpopoli.

Il libro di cui sono ormai state vendute milioni di copie è considerato la prima trattazione gastronomica dell’Italia unita ed è stato tradotto in inglese, francese, tedesco, spagnolo, portoghese, olandese e russo.

Ricetta n.7 Cappelletti all’Uso di Romagna
da

La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”
di Pellegrino Artusi

Ecco il modo più semplice di farli onde riescano meno gravi allo stomaco:
– Ricotta, oppure metà ricotta e metà cacio raviggiolo, grammi 180
– Mezzo petto di cappone cotto nel burro, condito con sale e pepe, e tritato fine fine colla lunetta
– Parmigiano grattato, grammi 30
– Uova, uno intero e un rosso
– Odore di noce moscata, poche spezie, scorza di limone a chi piace
– Un pizzico di sale
Assaggiate il composto per poterlo al caso correggere, perché gl’ingredienti non corrispondono sempre a un modo. Mancando il petto di cappone, supplite con grammi 100 di magro di maiale nella lombata, cotto e condizionato nella stessa maniera.

Se la ricotta o il raviggiolo (formaggio toscano, specie di cacio tenero, fatto di latte per lo più di capra, schiacciato, che suol mangiarsi fresco) fossero troppo morbidi, lasciate addietro la chiara d’uovo oppure aggiungete un altro rosso se il composto riescisse troppo sodo. Per chiuderlo fate una sfoglia piuttosto tenera di farina spenta con sole uova servendovi anche di qualche chiara rimasta, e tagliatela con un disco rotondo con diametro 67 mm. Ponete il composto in mezzo ai dischi e piegateli in due formando così una mezza luna; poi prendete le due estremità della medesima, riunitele insieme ed avrete il cappelletto compito.

Se la sfoglia vi si risecca fra mano, bagnate, con un dito intinto nell’acqua, gli orli dei dischi. Questa minestra per rendersi più grata al gusto richiede il brodo di cappone; di quel rimminchionito animale che per sua bontà si offre nella solennità di Natale in olocausto agli uomini.

Cuocete dunque i cappelletti nel suo brodo come si usa in Romagna, ove trovereste nel citato giorno degli eroi che si vantano di averne mangiati cento; ma c’è il caso però di crepare, come avvenne ad un mio conoscente. A un mangiatore discreto bastano due dozzine…

Per provare quanto sia attuale la ricetta di Pellegrino non vi resta che venire a trovarci

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